A chiunque riceva questa mia,
in qualunque tempo,
dimensione o spazio si trovi.
A chiunque abbia la capacità,
la volontà e soprattutto
l’animo per ascoltare.
Davvero.
Se leggi le mie parole la capsula nella quale metterò il mio messaggio non avrà viaggiato invano.
Ti scrivo da un pianeta chiamato Terra, un puntino minuscolo nell’universo. Un puntino che crede di esserne il centro, di esserne il fulcro, l’asse portante ed imprescindibile. E non si rende conto che questo è il male peggiore che lo affligge e che sta rendendo i suoi abitanti infelici, ogni giorno di più. Infelici e soli.
Perché lo scrivo? Forse perché spero che altrove le cose siano diverse e migliori. Ti scrivo in un momento più unico che raro: hai mai sentito parlare del Covid-19? Un virus invisibile e a volte letale che si è diffuso nel nostro pianeta e che ci ha costretto a modificare le nostre abitudini, il nostro modo di pensare, a rivedere le nostre priorità e, sembrava, anche a diventare un pochino migliori. Siamo costretti a portare una mascherina, a sanificarci le mani più volte al giorno, a non toccarci, ad evitare ogni contatto superfluo, a non poter socializzare. Siamo molto arrabbiati per le limitazioni che ci vengono imposte. Limitazioni imposte, appunto, alla nostra socialità.
Ma tu sai cosa vuol dire socializzare?
Te lo spiego: socializzare significa inserirsi in un determinato ambiente o tessuto sociale o affiatarsi, fare amicizia, stringere rapporto. Tutti si lamentano di non poter socializzare ma siamo così sicuri del fatto che prima di questa pandemia lo facessimo sul serio? Oppure eravamo, e siamo, come il nostro pianeta e cioè convinti di essere al centro dell’universo, convinti di essere un gradino più in alto degli altri e poco interessati a ciò che ci accade intorno?
Non so dove e come vivi ma qui siamo immersi in un mare di contraddizioni. La società (per farla breve l’insieme organizzato degli individui) ci manda input di svariato genere: dobbiamo produrre, consumare, rispettare determinati canoni estetici, morali e formali, essere dei vincenti a qualunque costo. Noi donne dovremmo lavorare come se non avessimo figli ed avere figli come se non lavorassimo. Dobbiamo conformarci anche se, nel nostro intimo, non sentiamo nostri quei valori e quelle aspirazioni. E cosa succede?
Siamo schiacciate da aspettative spesso non nostre oppure dalla nostra voglia di arrivare ad un ideale che, in quanto tale, è impossibile da raggiungere. Non potrò mai essere come la fotomodella della copertina della mia rivista preferita: l’immagine è ritoccata, non è vera. Non potrò mai vivere la vita perfetta che vedo in alcuni account Instagram: è finzione. Ma siamo talmente bombardati da messaggi continui e imperativi che ci sentiamo frustrati, sotto pressione, imbruttiti e in competizione perenne con gli altri. E con noi stessi.
Mi chiedo se mi sto spiegando, se sto condividendo con te le mie idee, le mie emozioni. Sai cosa è la musica? No? Sai cosa sono le emozioni?
Ascolta questa canzone che ti propongo qui sotto: magari capirai meglio che leggendo le mie parole…
Hai sentito quanta urgenza, quanta disperazione, quanta pressione e, soprattutto, quanta solitudine? Sì, solitudine. Eppure mai come nella breve storia della nostra razza siamo stati così connessi gli uni con gli altri.
Abbiamo a disposizione mezzi tecnologici che ci permettono di metterci in contatto con chiunque in qualsiasi parte del globo ci troviamo, in qualsiasi momento. Cosa che solo 20 anni fa sembrava impossibile. Non possiamo staccarci nemmeno un minuto dai nostri dispositivi, io per prima. Controlliamo in continuazione le notifiche, i messaggi, le email etc. Eppure, credimi, non siamo mai stati così soli.
A pensarci bene siamo così presi da noi stessi che usiamo questa tecnologia per mostrare noi stessi, non certo per avere notizie degli altri. E non è colpa del virus, come continuiamo a ripeterci per convincercene, del forzato isolamento, del fatto di non potersi riunire come prima.
Capita davvero spesso che, nonostante si sia in mezzo a tante persone, nonostante si parli, si rida e si scherzi, ci si senta comunque soli.
“Ma allora,” – ti chiederai – “quale è il problema? Cosa manca? Quale è la nota stonata in tutto questo?”
Manca la comunicazione. La comunicazione efficace fra le persone. Comunicare in modo efficace è un’interazione, quindi un dare e ricevere. Un farsi capire ma anche e soprattutto capire ciò che ci viene detto, mettere in comune qualcosa, donare al nostro interlocutore noi stessi per poi poterlo accogliere.
Cogliere l’essenza del messaggio che ci viene inviato.
Manca il fatto di ascoltare davvero ciò che gli altri dicono e non solo con la bocca ma anche con gli occhi, le ma mani, con un sospiro o con il loro silenzio.
Hai mai parlato con un tuo simile che a parole ti diceva una cosa ma con il suo sguardo, il suo tono di voce e con il linguaggio del suo corpo comunicava l’esatto opposto?
Oppure ti sei sempre fermato a ciò che diceva la sua bocca senza ascoltare veramente cosa ti voleva comunicare?
O ti è mai capitato, in prima persona, di affermare un concetto ma di non riuscire a dominare il tuo corpo che, invece, diceva ciò che veramente sentivi?
Ti è capitato, vero?
In parole povere, hai sentito ma non ascoltato.
Non ti avvilire, anche qui sulla Terra, come ti ho detto, spesso siamo troppo presi da noi stessi al punto da non prestare davvero attenzione all’altro. E per altro non intendo amici o conoscenti ma, spesso, anche chi ci sta più vicino: il nostro partner, i nostri figli, i nostri genitori.
Hai visto il video qui sopra?
Una figlia che chiede al padre se ha mai ascoltato oltre che sentito la madre suonare il piano è un chiaro esempio di ciò di cui ti sto parlando.
Spesso accade che la comunicazione sia distratta, inefficace, a senso unico: non prestiamo caso a ciò che diciamo, a come lo diciamo, figuriamoci a ciò che dicono e come lo dicono gli altri.
Ti faccio un esempio: la frase “Apri la finestra” può assumere un significato completamente diverso a seconda del tono in cui la dico ed in base all’intensità del volume con cui la dico. Ed a seconda di come viene detta ma anche e soprattutto di come viene percepita da chi la ascolta cambia il suo senso.
Ciò che voglio dire è che non conta solo quello che diciamo ma anche come lo diciamo.
Ci avevi mai pensato? Ed hai mai pensato che anche il modo in cui percepiamo chi ci sta davanti influisce su quanto sia efficace la nostra comunicazione?
Immagina di parlare con qualcuno che pensi sia al tuo livello, un tuo compagno di classe per esempio e, al contrario, con qualcuno che ritieni inferiore o superiore a te, un tuo professore oppure un tuo dipendente.
Hai mai fatto caso a cosa succede?
Nel primo caso comunichi più apertamente, senza timore ed è più facile che ci sia una discussione, un confronto. Viceversa, se fra voi due uno spicca rispetto all’altro la conversazione sarà meno equilibrata. E queste sono solo delle semplici considerazioni generali!
Lo so, è un caos!
Tante cose da tenere in considerazione, tanti fattori da tenere sotto controllo. Verrebbe quasi da pensare “Preferisco stare solo, è tutto troppo complicato!”.
Io, però, ho fatto una scelta. Ho scelto di non arrendermi (questa capsula ne è la prova) e ho scelto di provare ad imparare ad usare uno strumento che ha migliorato la mia vita e quella di chi mi sta intorno.
Ho scelto di mettere in pratica, coltivare e studiare l’ascolto attivo.
Cosa è l’ascolto attivo?
Non c’è un’unica definizione precisa e univoca ma, a grandi linee, posso dirti che ascoltare attivamente significa dedicare noi stessi a comprendere ciò che l’altra persona vuole trasmetterci senza giudicarlo né dare nulla per scontato rispetto quello che vuole dirci non solo con le parole ma con tutto il suo essere.
Sei curioso di saperne di più?
Se è così ti rimando alla prossima capsula che lancerò presto verso l’infinito. Ma, intanto, ti lascio con una domanda:
Fino ad ora hai sentito oppure ascoltato veramente?
Autore dell'articolo

Elisabetta Randaccio
Nata a Cagliari nell’Aprile del 1973, entra nel mondo dello sport fin da giovanissima praticando lo sport della scherma per quasi due decadi e passando, nell’età adulta, al mondo della danza sportiva e della zumba.
Mental Coach Brain2Gain, attualmente collabora attivamente come Tutor Coach nei corsi di formazione per Mental Coach e come Nutrition Coach per il settore IMSA Nutrition Lab®.